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Il karma dell’abbandono

Anche l’abbandono può essere karmico

Si sente spesso parlare della “Ruota del Karma”, un destino che si ripresenta in modo circolare nella vita, o per meglio dire di vita in vita finché non viene risolto, e a volte questo può riguardare anche la ferita dell’abbandono.

Ma come funziona il ciclo karmico?

Secondo i maestri tibetani, che dedicano la vita da millenni allo studio di queste tematiche, arriviamo in questa vita non per caso e nemmeno esattamente per scelta consapevole, ma perché il nostro karma e la nostra coscienza decidono dove e quando dobbiamo incarnarci.
Nasciamo in una certa famiglia e in un certo luogo perché quelle sono le le persone e le circostanze più adatte per metterci nella condizione di esaurire il karma accumulato ed evolvere.

Cicli che si ripetono

Ti è mai capitato di dire “non sarò mai come mia madre/padre” e poi ritrovarti ad usare le stesse parole, o rimproverare i tuoi figli per le stesse cose? Oppure di renderti conto che attiri sempre lo stesso tipo di persone a livello di relazione?
A me sì.

Addirittura chi vive la ferita dell’abbandono spesso è attivo nell’andare a ricercare anche a distanza di anni proprio quelle stesse persone che l’hanno abbandonato già una volta, per scoprire poi che nulla è cambiato, e rivivere nuovamente quel ciclo di dolore.

Se ti trovi a sciogliere un karma legato all’abbandono, probabilmente l’hai vissuto sotto diverse forme:

  • abbandoni vissuti e ripetuti dalla famiglia di origine in avanti;
  • abbandonare o essere abbandonati nell’ambito delle relazioni sentimentali;
  • falsare tutta la tua concezione di amore: una sensazione di amore legata alla mancanza, all’assenza;
  • pensare “Mi ama, ma non può esserci per me“, declinato in mille forme diverse e in altrettante relazioni.

Il percorso verso la consapevolezza che chi ama c’è, sempre, è lungo e tortuoso, perché lo riconosci a livello razionale ma poi in profondità giustifichi sempre chi non c’è.

Ma la realtà è una: chi non c’è, ha semplicemente altre priorità rispetto a te. Brutale, lo so.

Hai presente? Quell’amore doloroso che ti scava dentro nell’assenza, tenuto vivo da un messaggio saltuario, da un “vorrei, ma purtroppo…”.

Nel processo di guarigione si arriva ad un certo punto finalmente non a capire, ma a “sentire” che quello che per tutta la vita hai chiamato “Amore”, in realtà non l’Amore non c’entra nulla. Ma nemmeno gli somiglia.
E questa è una nuova consapevolezza incredibilmente liberatoria.

Questo è ovviamente solo un piccolo pezzettino del percorso, una piccola nuova consapevolezza che si aggiunge alla comprensione delle dinamiche di abbandono che chi porta dentro questa ferita mette in atto: perché da vittima è un attimo trasformarsi in carnefice, abbandonare qualcuno per la paradossale paura di essere abbandonati, oppure creare tutte le premesse perché quell’abbandono tanto temuto in effetti si concretizzi.

Un passo alla volta si risolve tutto, ma insieme è meglio.

Chiara

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Chissà cos’ho combinato, che ora il karma me la fa pagare

Spesso mi capita di sentirmi dire da qualche cliente “Certo che sono talmente sfigata che devo aver ammazzato un mucchio di gente nelle mie vite passate eh!”, sottintendendo che la legge karmica gliela stia, in qualche modo, facendo pagare. Detto che nella legge del karma non c’è mai un giudizio morale, ma semplicemente un fattore di riequilibrio, è vero che puoi aver commesso, in questa o in altre vite, azioni che abbiano arrecato danno a qualcuno, e questo ha generato sicuramente un karma che andrà compensato: ma questa è solamente una delle possibilità.

Il Karma è anche abitudine

Pensa a ciò che ci dice la neuroscienza sul funzionamento del cervello: è ormai noto che tendiamo ad utilizzare sempre gli stessi circuiti neurali per risparmiare fatica ed energia, ed ecco che facciamo sempre la stessa strada per andare al lavoro, vediamo sempre gli stessi programmi in tv, ripetiamo sempre le stesse cose, gli stessi modi di dire, le stesse battute, siamo insomma esseri estremamente abitudinari. Questo ovviamente si ripercuote anche sulle nostre scelte di vita e sulle relazioni: usciamo con le stesse persone, mangiamo le stesse cose, facciamo lo stesso lavoro, ecc.

Senza nemmeno rendercene conto possiamo anche uscire da una relazione sbraitando al mondo che ora sarà tutto diverso, salvo poi innamorarci di una nuova persona che ha esattamente le stesse caratteristiche della precedente.
Anche questo è la legge del Karma.
Il criceto sulla ruota.

Rivivi le stesse cose con sottili cambiamenti che ti permettono di illuderti che sia tutto diverso, mentre in realtà non è cambiato nulla.

E meno ne sei consapevole, meno puoi cambiare le cose. Ecco perché l’Astrologia predittiva è tanto più precisa quanto meno la persona è consapevole della propria vita e delle proprie scelte: se vivi con il pilota automatico sei prevedibile, ripeti sempre gli stessi schemi.

Il libero arbitrio

Ecco dove entra in gioco il libero arbitrio: sei sempre libera di scegliere come vivere quella stessa situazione che continua a ripresentarsi.

La affronterai per la milionesima volta nello stesso modo, oppure questa volta lo farai in modo diverso?

Cosa potresti fare di diverso?

E cosa dovresti fare per rifarla uguale?

Chiara

 

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Il coraggio di guardarsi dentro

Osservarsi e conoscersi davvero è forse una delle cose più difficili e indispensabili che siamo chiamati a fare in questa vita. In ogni vita, a onor del vero… Ma se siamo di nuovo qui, evidentemente abbiamo ancora lavoro da fare.

Le dinamiche relazionali sono le più complesse, proprio perchè sono un importante nodo: un banco di prova dove ci esponiamo e insieme alla nostra vulnerabilità mettiamo in gioco tutti i nostri irrisolti, le paure, le debolezze, le ferite.
Il problema è che spessissimo entriamo in una relazione “alla cieca”, nella completa inconsapevolezza di chi siamo, e di cosa portiamo nella relazione. E come noi, anche il nostro partner.
In un attimo, finito il momento roseo dell’innamoramento, ecco che entrambi rientriamo nelle paure, nelle ferite, e nelle dinamiche di potere, e la nostra relazione si trasforma in una trappola.

Uno dei primi passi che è necessario fare è quello di rendersi conto di chi siamo davvero, e di quali ferite e dinamiche mettiamo in atto nella relazione. Osservarsi, tenere un diario come se guardassimo qualcun altro, è un inizio.
Ci vogliono umiltà e coraggio per osservare le nostre stesse dinamiche di vittima, di potere, di ricatto, di abbandono, consapevoli che sentirsi poi in colpa non serve, perchè il senso di colpa non fa che rimetterci nella stessa dinamica di dolore e sofferenza. Consapevolezza, accettazione, comprensione e conoscenza di sè sono i nostri traguardi, come ricercatori di noi stessi. Da lì passa la trasformazione, non dal giudizio o dalla colpa.

Assumersi la responsabilità delle proprie dinamiche è il primo passo per guarirle, ma prima vanno riconosciute.
E tu? Quanto profondamente ti conosci?
Quanto hai il coraggio di guardarti con lucidità e profondità?
Ti spaventa quello che vedi?